L’ansia o la rabbia della mamma tolgono il respiro al bambino asmatico. Non serve neppure cercare di controllare i propri sentimenti, perché anche reprimendoli si peggiora l’andamento della malattia nei più piccoli. La ricerca pubblicata su BioPsychoSocial Medicine carica di nuove responsabilità il ruolo della donna di casa nell’evoluzione della malattia; non solo come principale responsabile dell’aderenza alle cure, ai controlli, ai consigli del medico, ma anche nei comportamenti e nella relazione di ogni giorno.
LA RICERCA - La conferma di un sospetto che molti pediatri avevano già viene da uno studio giapponese che ha seguito per un anno circa 220 madri di bambini dai 2 ai 12 anni di età che soffrivano di asma. All’inizio del lavoro tutte le mamme sono state invitate a compilare un questionario che comprendeva domande sul loro grado di stress e su come cercavano di gestirlo, sul loro rapporto con i figli e le loro modalità educative, sulla gravità della condizione clinica del piccolo, su quanto ci si attenesse alle prescrizioni dei farmaci e alle raccomandazioni del medico. Dopo un anno, le donne sono state ricontattate, anche per sapere come andava la malattia del figlio, in relazione alla frequenza e all’intensità degli attacchi. Dai risultati è emerso che i comportamenti e gli stati d’animo più deleteri cambiano nettamente a seconda dell’età: i piccoli sotto i sette anni risentono negativamente soprattutto degli stati d’animo di rabbia o irritazione della madre che perdurano nel tempo, indipendentemente dal fatto che essa li esprima apertamente o cerchi di reprimerli o nasconderli; l’asma dei più grandicelli invece tende a peggiorare per lo più in risposta ad atteggiamenti iperprotettivi. Al contrario, se la mamma pensa di più a se stessa, fino al punto da essere classificata come "egoista" nei test psicologici, i ragazzini tirano il fiato, e non solo metaforicamente.
IL COMMENTO - Come si è detto, la particolarità dello studio giapponese non sta nell’aver scoperto un legame tra l’andamento dell’asma e le dinamiche familiari. «Questo è ben noto da tempo - dice Giovanni Cavagni, primario di allergologia pediatrica all’Ospedale Bambin Gesù di Roma -. L’asma è una malattia organica, che dipende dallo spasmo dei bronchi e dall’infiammazione, ma non c’è dubbio che gli attacchi possano essere scatenati anche da fattori emotivi». Entrando nel dettaglio del tipo di sollecitazione responsabile, finora i riflettori erano però puntati soprattutto sugli atteggiamenti critici della madre verso il figlio. «È tipico l’attacco che segue a una sgridata» precisa il pediatra romano, che aggiunge: «Questo però non significa che l’educazione del bambino debba essere condizionata dalla malattia, ma che la malattia, se risente di questi stimoli quotidiani, non è curata in maniera adeguata». Guai, in altre parole, se il timore dell’attacco dovesse impedire ai genitori di intervenire sul bambino come se fosse sano o condizionarli nel suo comportamento con lui. «Anche lo sforzo fisico può scatenare l’asma, ma grazie alle terapie abbiamo campioni olimpici con questa malattia» esemplifica l’esperto. E se si può vincere una medaglia, si può sopravvivere anche a una madre nervosa, ansiosa o iperprotettiva.
Fonte:corriere.it
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