venerdì 2 settembre 2011

Il legame con gli altri



Se non sono responsabile per me, chi lo sarà? Ma se lo sono per me stesso soltanto, che cosa sono? E se non me ne preoccupo abbastanza adesso, allora quando?
Hillel, Le Traité des Pères

Ricordo un'anziana signora che andavo a visitare a domicilio perché aveva paura a muoversi, soffriva di enfisema e doveva essere sempre collegata alla bombola di ossigeno. Ma il suo problema più serio era la depressione: a settantacinque anni non c'era più niente che la interessasse, si sentiva svuotata, ansiosa e aspettava la morte. Naturalmente dormiva male, non aveva appetito e passava le giornate a compiangersi. Eppure, non potevo fare a meno di restare impressionato dalla sua intelligenza e dalla sua evidente competenza in molti campi. Per molto tempo la signora era stata assistente di direzione e da lei emanavano un'aria di precisione e un'autorità naturale che persistevano nonostante le sue condizioni. Un giorno le dissi: “So che lei si sente molto male e che ha bisogno di aiuto, ma è anche una donna con tante qualità che potrebbero essere estremamente utili alle persone che ne sono prive. Che cosa fa per aiutare gli altri?” Lei fu molto stupita del fatto che il suo psicologo le facesse una domanda del genere. Ciò nonostante, la vidi quasi rianimarsi e una luce di interesse le brillò negli occhi. Dopo il nostro colloquio, decise di impegnare qualche ora per insegnare a leggere ad alcuni bambini poveri. Non fu facile, perché spostarsi le causava notevoli difficoltà, e non tutti i piccoli che seguiva si dimostravano riconoscenti, per non parlare di quelli caratterialmente difficili. Ma quell'impegno diventò una parte importante della sua vita. Le diede un obiettivo, la sensazione di essere utile, e l'ancorò nuovamente alla comunità da cui l'età e l'invalidità l'avevano staccata.Guarire, di David Servan-Schreiber

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